sabato 30 luglio 2016

Il Papa va a Gaza?


IL PAPA VA A GAZA?    (racconto fattuale) 

ATTO I°  -  LA CAMPANA SUONA PER GAZA 

     Papa Francesco era sconvolto da quanto avveniva a Gaza.
“Come, è venuto qui da me, il presidente Perez, ha abbracciato quel buon uomo di Abu Mazen, hanno piantato insieme l’ulivo della Pace nel mio giardino, e dopo pochi giorni Israele distrugge quel boccone di terra dove dovevano stare rinchiusi più di un milione di uomini, donne, bambini. Ma qui non bisogna fidarsi proprio di nessuno. Da una mano ti sorrido per farti stare buono e dall’altra ti rubo quel poco che hai e se protesti, ti ammazzo”.
    Papa Francesco era disperato: pregava, pregava, solo, nella sua cameretta di S. Marta, e la domenica dal suo alto balcone di Roma: “Fermatevi, per favore, basta bambini morti, Vi prego, vi prego…”.
Perez non si faceva neanche sentire mentre abbaiava forte Netanyau e ogni giorno aumentavano le vittime palestinesi: 100, 300 poi fino a 500 e oggi erano più di 1700 con tanti, tanti (300 e più) bambini innocenti di tutto, anche della scusa di lasciarsi usare come scudi umani.  
     E finalmente venne l’annuncio. Papa Francesco ha dichiarato: vado a Gaza.
      La notizia ovviamente sconvolse il mondo e sollevò anche dure critiche all’interno del Vaticano stesso. Il Cardinale Tarcisio Bertone fu subito pronto a dire che il Papa non poteva sostituirsi a quanto l’Europa, l’America, tutte le Nazioni della Terra Unite non facevano. Bisognava attendere, mediare, sopire: in sostanza, stare a guardare e non fare niente. Altrimenti poteva anche succedere qualcosa di peggio…
    Lui era stato Segretario di Stato, cioè Ministro degli Esteri del Vaticano e allievo di Papa Pacelli e quindi sapeva come comportarsi dinanzi alle grandi tragedie dell’umanità. Diceva che solo così, contrariamente a tanti regni, imperi, condottieri ed uomini politici, la Chiesa era sopravvissuta nei secoli. Quindi chiese un colloquio con il Papa.
    “Santità, è ammirevole quanto state facendo per ottenere pace in quel tormentato lembo di terra che è anche la terra del Nostro Signore Gesù Cristo, ma ho notizie proprio dal Governo Israeliano, sono molto preoccupati per non essere sicuri di poter garantire alla Santità Vostra la sicurezza dovutavi. Per tanto che Gaza sia ormai tutta sotto il potere dell’esercito israeliano, non si può mai escludere un franco tiratore ed allora…”.
    “Caro Tarcisio, allora? Vieni un po’ con me.” Papa Francesco prese per mano il Card. Bertone ed entrarono nella enorme basilica di S.Pietro. Regnava un solenne silenzio ed i due sacerdoti andarono nella cappella della Madonna della Colonna, all’estrema sinistra della navata centrale, alle spalle al baldacchino a tortiglione della tomba di S.Pietro. “Tu sai - chiese Papa Francesco – chi è sepolto sotto questo altare?” “Certo – rispose il Cardinale – Leone I, il nostro Leone Magno, morto nel 461 e sepolto qui, primo dopo S.Pietro”. “E allora guarda un po’ – riprese il Papa – qui nel marmo  dell’Algardi: è rievocato l’incontro di questo Pontefice con Attila “il flagello di Dio” a Mantova (non qui a Roma) nel 452, dove il re degli Unni assistette atterrito all’apparizione degli Apostoli Pietro e Paolo evocati da Leone Magno, che in questo modo salvò Roma dalla devastazione.
Adesso capirai perché devo andare: non so se gli apostoli Pietro e Paolo vorranno di nuovo comparire, ma io alzerò le mani e mettendomi di mezzo a israeliani e palestinesi dirò “fermatevi in nome del vostro Dio” e sarà quel che sarà” Bertone gli baciò la mano e tacque. Una campana suonò.
Il giorno dopo Papa Francesco disse: “Domani parto, ma questa sera voglio salutarVi”. Fu come la notte della luna, quella in cui Papa Giovanni XXIII mandò la sua carezza ai bambini. Piazza S. Pietro era stracolma di gente, e non tutta era gente di Dio. Ma il senso di commozione per il dolore altrui e di solidarietà nel fare qualcosa per l’altro che soffre, saliva unitario da quella marea. Quando Papa Francesco apparve fu un solo enorme grido: “Vai, vai, e ritorna salvatore!” e tutte le campane di Roma, suonarono.

ATTO II° - L’ORA DEL PIANTO

    “Santità, Santità, non parta più” un grido percorse i grandi corridoi delle stanze vaticane e giunse fino alle orecchie del Papa. “Non parta più, hanno raggiunto un accordo di tregua e Israele si ritira”.
Mentre il cardinale sventolava sotto gli occhi buoni del Papa il giornale che con titoli cubitali riportava la notizia, Francesco aveva gli occhi fissi su una foto che riportava il deserto di macerie a cui era ridotta Gaza. Gaza e i palestinesi sedati, morti. Israele ha ottenuto il silenzio, sì, ma quello dei cimiteri.
    “Questo il risultato di quella impresa - gli disse Padre Jorge Hernandez, argentino, parroco a Gaza - Abbiamo ancora una volta potuto vedere che nella guerra non ci sono vincitori, ma perdono sempre tutti. Presto o tardi, in un modo o nell’altro, da una parte e dall’altra tutti pagano il prezzo della violenza e dell’odio che la violenza partorisce». Lo dirò all’Angelus – rispose Francesco - in Piazza S. Pietro, urbis et orbis, ma so che  non basta.
    Non è andato a Gaza, Francesco, ma a Redipuglia, sì!
"I numeri della prima guerra mondiale sono spaventosi - ha detto il Pontefice - si parla di circa 8 milioni di giovani soldati caduti e di circa 7 milioni di persone civili travolte. Questo ci fa capire quanto la guerra sia una pazzia, una pazzia della quale l’umanità non ha ancora imparato la lezione, perché dopo di essa ce n’è stata un’altra seconda, mondiale, e tante altre che ancora oggi sono in corso”.
    “Ma quando impareremo noi questa lezione?” "L’odio è il male vengono sconfitti con il perdono e il bene. La risposta della guerra fa solo aumentare il male e la morte”.
    "La guerra è una follia, è  solo  pianto".

ATTO III° -  NOI

    Lontano da Roma e da Gaza, vicino a me tre donne, ed io con loro siamo sconvolti da cosa sta avvenendo in Palestina e sentiamo il dovere di lanciare anche da Cuneo un appello contro la sordità e l’insensibilità verso il doloroso e ingiusto destino dei fratelli palestinesi, contro quell’«a me che importa?» scomunicato dal Papa e che alimenta lo spargimento di sangue. Ho scritto questo racconto che in modo fantastico si ispira a fatti veri, perché intendo porre a me ed alla gente, anche al Papa, una domanda sola: “Tu, come vivi?”. 
                                                                     

ANTONIO SARTORIS

Cuneo, 23 ottobre 2014



(Questo racconto è stato inviato a Papa Francesco – Vaticano – Roma.  Silenzio ! )



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