giovedì 23 giugno 2016

Paganiniana



     Dopo il concerto al Circolo Sociale di Cuneo del celebre violinista genovese Nicolò Paganini, sul giornale cittadino Il Subalpino comparve questa nota di costume a firma Achille Campanile e con il titolo “Paganini non ripete”:

“Quando Paganini, dopo un ultimo interminabile acrobatico geroglifico di suoni rapidissimi, ebbe terminata la sonata, nel salone di via Roma del Circolo Sociale, scoppiò un applauso da far tremare i candelabri gocciolanti di cera e iridescenti di cristalli di rocca, che pendevano dal soffitto. Il prodigioso esecutore aveva entusiasmato, come sempre, l’uditorio. Calmatosi il fragore dei consensi e mentre cominciavano a circolare i rinfreschi e d’ogni intorno si levava un cicaleccio ammirativo, la marchesa di Sambuy, seduta in prima fila disse con la voce cavernosa e fissando il concertista con un sorriso che voleva essere seducente: “Bis!”. Inguainato nella marsina, con le ciocche dei capelli sugli occhi, Paganini s’inchinò galantemente, sorrise alla vecchia gentildonna e mormorò a fior di labbra: “Mi dispiace, Marchesa, di non poterla accontentare. Ella forse ignora che io, per difendermi dalle richieste di bis che non finirebbero mai, ho una massima dalla quale non ho mai derogato né mai derogherò: ‘Paganini non ripete’ ”.

La vecchia signora non l’udì. Con un entusiasmo quasi incomprensibile in lei, che era sorda come una campana, continuava a battere le mani ed a gridare, con le corde del collo tese come una tartaruga:

“Bis! Bis!”

Paganini sorrise compiaciuto di tanto entusiasmo, ma non si lasciò commuovere. Fe’ cenno alla vecchia dama di non insistere e ripeté con cortese fermezza:

 “Paganini non ripete.”

“Come?” fece la vecchia che, naturalmente, non aveva sentito.

“Paganini” ripeté il grande violinista, a voce più alta, “non ripete.”

La vecchia sorda non aveva ancora capito. Credette che il musicista avesse consentito e si dispose ad ascoltare nuovamente la sonata. Ma vedendo che il celebre virtuoso s’accingeva a riporre lo strumento nella custodia, esclamò afflitta:

“Come? E il bis?”

“Le ho già detto, signora” fece Paganini “Paganini non ripete.”

“Non ho capito” disse la vecchia.

“Paganini non ripete” strillò Paganini.

“Scusi,” fece la vecchia “con questo brusio non si arriva ad afferrare le parole. Parli un più forte, per cortesia.”

Il violinista fece portavoce delle mani attorno alla bocca e le urlò quasi all’orecchio:

“Paganini non ripete!”

La vecchia scosse il capo.

“Non ho capito le ultime parola” gridò come se sordo fosse l’altro.

“Non ripete, non ripete, Paganini non ripete” strillò il virtuoso.

     La vecchia signora lo continuava a guardare interrogativamente e allora Paganini disperato si rivolse all’organizzatore della serata, il dott. Enzo Tenino: “Mi faccia il favore, glielo dica lei. Gliel’ho ripetuto venti volte, glielo sto ripetendo: non ripeto. Quante volte glielo debbo ripetere?”

      Quando il dott. Enzo Tenino nel suo ufficio (seconda porta a destra del corridoio del primo piano del Municipio di Cuneo), segretario del segretario comunale Tofu Fornaseri, lesse questa roba sul “suo” concerto del secolo, sbottò “Ma chi è questo Campanile, non deve essere neanche di Cuneo... con questo umorismo, sottile umorismo, non andrà lontano... sta di fatto che ha offeso la Marchesa, lei sempre presente e pagante”.

Per il dott. Tenino che con tanto impegno dovuto alla passione (praticamente in Comune non faceva altro) riusciva ad organizzare l’unica stagione concertistica che si svolgeva nella Cuneo del Dopoguerra il problema del pubblico era fondamentale.  Non c’è niente di peggio per un organizzatore di concerti di ricevere e intrattenere il concertista nella sala degli artisti e poi sbirciare nella vicina sala dei concerti e vederla vuota: e sono già le 21 ed un quarto passate. L’unica cosa da fare era telefonare a casa e dire alla moglie, alla cognata ed anche alla serva Carolina, di precipitarsi al Circolo, non importa con quale vestito, non importa se il concerto fosse già iniziato: venite, venite e in prima fila, che a luci abbassate gli esecutori vedono solo quella.

Non dimenticava mai cosa era successo la sera del 30 Novembre del 1921.

Giovani universitari, suoi compagni di scuola, quelli che sarebbero stati i professionisti della futura società cuneese: Riccardo Sartoris, i fratelli Marcello, Beppe e Gigi Bianco, Costanzo Morelli, Giordano (detto il cupo) Giorgio Federico Ghedini (il futuro compositore) erano riusciti ad ottenere che Bronislav Huberman venisse a suonare a Cuneo.

  Si trattava del più grande violinista del suo tempo, era un ebreo (infatti l’attuale Orchestra Sinfonica Nazionale di Israele è stata dedicata al suo nome con il concerto inaugurale diretto da Arturo Toscanini) e l’organizzazione di quel concerto era costata tanta fatica.

In platea vi erano ventisette persone.

Riccardo Sartoris (mio padre) continuava a rimandare l’apertura del sipario sperando che almeno qualcuno dei tanti che erano stati personalmente contattati ed avevano promesso di venire sarebbe arrivato, seppure molto ritardatario. Niente, ventisette erano e ventisette rimanevano. Andarono a scusarsi dal M°Huberman e con il suo pianista accompagnatore, Frederich Chopin, ma lui seraficamente disse loro “Tolle siparium, sufficit mihi unus Plato pro cuncto populo [1]”.

Ed allora il sipario si aprì e Huberman suonò da par suo, ma non venne mai più a Cuneo!

Con Paganini era stata un'altra cosa: ma erano anche altri tempi!


[1] “Aprite pure il sipario, uno solo con la testa di Platone vale più di una platea piena”. É la frase conclusiva della celeberrima prefazione di Gluck al suo “Paride ed Elena” (1770).

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