Edmondo De Amicis sapeva benissimo che suo padre Francesco, regio funzionario del Monopolio sale e tabacchi, voleva che si iscrivesse alla Accademia militare di Torino: ma lui voleva fare il giornalista.
Quella mattina si era quindi messa una bella cravatta “Lavalier”, e si era presentato al direttore de La Guida, in via Statuto n.5.
Quella mattina si era quindi messa una bella cravatta “Lavalier”, e si era presentato al direttore de La Guida, in via Statuto n.5.
La Guida era il giornale fondato
nel 1945, subito dopo la guerra, emanazione diretta della Diocesi di Cuneo
secolarmente nel tessuto urbano e nel contado per cui giungeva nelle case di
tutti i cuneesi fino a seguirli nei loro eventuali trasferimenti lontani da
casa come un invisibile filo di appartenenza. La Guida era l’espressione del
pensiero cattolico moderato: Edmondo avrebbe preferito lavorare nella laica
“Sentinella delle Alpi” fondata nell’‘800 dalla famiglia Galimberti. Però
sapeva bene che, dopo la Liberazione, si era cercato di far risorgere la
vecchia testata ma, compromessa dalla lunga gestione fascista, la neonata
Sentinella non aveva avuto lunga vita. La Guida era il vero giornale cittadino:
di periodicità settimanale raccoglieva tutte le notizie di cronaca e di varia
mantenendo un orientamento politico formalmente equilibrato, in sostanza
conservatore, come del resto era nel temperamento dei cuneesi. Questa città
lenta a cambiare ma tollerante era ben sintetizzata dalle pagine delle
fotografie mortuarie: quando eri morto i cuneesi dopo averti visto infinite volte
senza sapere chi eri, ti trovavano nel cimitero fotografico de La Guida e lo
venivano a sapere. Ti ricordavano –magari per poco– ma anche questo era un modo
di fare comunità.
Edmondo De Amicis non era propriamente un
cattolico osservante, anche se era stato chierichetto presso la chiesa del Collegio
del Gesuiti: i Tommasini. Gli piaceva leggere sul suo piccolo messale le parole
latine che il celebrante leggeva nel grande messale sull’altare e scuotere i
tre campanellini riuniti, insieme al pronunciamento delle parole: “Allora Gesù
prese il calice...”.
Ma alla Guida c’era il direttore
Don Costanzo Marino: un prete laico. Lo guardò
e gli disse “Vieni pure anche domani mattina: mi aiuterai nella cronaca
nera”.
Fare la cronaca nera voleva dire fare ogni mattina ed
ogni sera il giro delle anticamere della Squadra Mobile della Questura, dei
Carabinieri e del Pronto Soccorso dell’Ospedale S.Croce, senza dimenticare
l’aula delle udienze del Tribunale. Ma era praticamente solo polvere quella che
si posava sulle scarpe del cronista: qualche furterello, la solita lite in
famiglia o con il vicinato, che finiva a cazzotti, ed al martedì c’era sempre almeno
una truffa all’americana: quella del cuneese diffidentissimo, ma che si
lasciava abbindolare dall’offerta di un improvviso enorme guadagno. Ma non ci
cadevano solo i gonzi: con questo metodo e una bella “finanziaria” qualcuno
aveva portato via dalle tasche dei cuneesi (perfino da quelle di un giudice) un
bel po’ di soldi ed ora il “finanziere” giocava a golf sulla Costa Azzurra ma il suo socio era saltato in aria.
Ma, diciamo la verità, Edmondo
aspettava il colpaccio che gli sporcasse le mani di sangue criminale. Perché
con tutto il fango che la gente è costretta a vedere, ormai è solo il sangue
che fa veramente notizia. E il sangue arrivò anche a Cuneo: imbrattava tutta l’ordinata
casa del riservato dottore dell’Ospedale. Vi erano perfino le strisciate
sanguinose del cadavere trascinato dalla porta, dove era stato selvaggiamente
colpito, alla camera da pranzo, nel cui pavimento si celava un vero arsenale di
armi. Mistero!
Fra i tanti che entrarono ed
uscirono quella mattina da quella porta di Via Statuto n.4, Edmondo si aggirava
smarrito, ma anche eccitato, al pensiero del pezzo che tutti avrebbero letto,
anche a Torino e chissà che non lo chiamassero a La Stampa.
Fu così che il futuro autore di
“Sangue romagnolo”, scrisse “SANGUE CUNEESE”, ma l’articolo non uscì: forse quel
sangue faceva troppo notizia!
Ma ormai Edmondo ci aveva preso
gusto e poi non sopportava che sotto l’apparenza di un buonismo diffuso in
Cuneo ci fossero tante sacche d’ipocrisia. Per esempio le guerre a Cuneo
avevano ammazzato tanta gente, brava gente che la “patria” aveva chiamato nelle
caserme con la leva obbligatoria e poi li avevano buttati chi in Grecia, chi in
Africa ed alla fine in Russia. La Divisione
Cuneense fatta di alpini delle nostre valli già dissanguate dalla guerra 15/18,
fu decimata. Eppure trionfa il “reducismo”: vi sono associazioni di tutti gli
armati, anche quelli medioevali e sfilate, marcette, bandiere: poca vera
memoria e tanta pazienza! Ma sarà vera pazienza?
Per smascherare l’ipocrisia
del reducismo De Amicis s’inventa il prete specializzato nel celebrare le
memorie più nere con le canzonette. In verità a Cuneo, città di preti, la
realtà supererà la fantasia..
Nessun commento:
Posta un commento