giovedì 23 giugno 2016

La "nera" di Edmondo De Amicis



Edmondo De Amicis sapeva benissimo che suo padre Francesco, regio funzionario del Monopolio sale e tabacchi, voleva che si iscrivesse alla Accademia militare di Torino: ma lui voleva fare il giornalista.
Quella mattina si era quindi messa una bella cravatta “Lavalier”, e si era presentato al direttore de La Guida, in via Statuto n.5.
La Guida era il giornale fondato nel 1945, subito dopo la guerra, emanazione diretta della Diocesi di Cuneo secolarmente nel tessuto urbano e nel contado per cui giungeva nelle case di tutti i cuneesi fino a seguirli nei loro eventuali trasferimenti lontani da casa come un invisibile filo di appartenenza. La Guida era l’espressione del pensiero cattolico moderato: Edmondo avrebbe preferito lavorare nella laica “Sentinella delle Alpi” fondata nell’‘800 dalla famiglia Galimberti. Però sapeva bene che, dopo la Liberazione, si era cercato di far risorgere la vecchia testata ma, compromessa dalla lunga gestione fascista, la neonata Sentinella non aveva avuto lunga vita. La Guida era il vero giornale cittadino: di periodicità settimanale raccoglieva tutte le notizie di cronaca e di varia mantenendo un orientamento politico formalmente equilibrato, in sostanza conservatore, come del resto era nel temperamento dei cuneesi. Questa città lenta a cambiare ma tollerante era ben sintetizzata dalle pagine delle fotografie mortuarie: quando eri morto i cuneesi dopo averti visto infinite volte senza sapere chi eri, ti trovavano nel cimitero fotografico de La Guida e lo venivano a sapere. Ti ricordavano –magari per poco– ma anche questo era un modo di fare comunità. 

     Edmondo De Amicis non era propriamente un cattolico osservante, anche se era stato chierichetto presso la chiesa del Collegio del Gesuiti: i Tommasini. Gli piaceva leggere sul suo piccolo messale le parole latine che il celebrante leggeva nel grande messale sull’altare e scuotere i tre campanellini riuniti, insieme al pronunciamento delle parole: “Allora Gesù prese il calice...”.

Ma alla Guida c’era il direttore Don Costanzo Marino: un prete laico. Lo guardò  e gli disse “Vieni pure anche domani mattina: mi aiuterai nella cronaca nera”.

Fare la cronaca nera voleva dire fare ogni mattina ed ogni sera il giro delle anticamere della Squadra Mobile della Questura, dei Carabinieri e del Pronto Soccorso dell’Ospedale S.Croce, senza dimenticare l’aula delle udienze del Tribunale. Ma era praticamente solo polvere quella che si posava sulle scarpe del cronista: qualche furterello, la solita lite in famiglia o con il vicinato, che finiva a cazzotti, ed al martedì c’era sempre almeno una truffa all’americana: quella del cuneese diffidentissimo, ma che si lasciava abbindolare dall’offerta di un improvviso enorme guadagno. Ma non ci cadevano solo i gonzi: con questo metodo e una bella “finanziaria” qualcuno aveva portato via dalle tasche dei cuneesi (perfino da quelle di un giudice) un bel po’ di soldi ed ora il “finanziere” giocava a golf sulla Costa Azzurra  ma il suo socio era saltato in aria.

Ma, diciamo la verità, Edmondo aspettava il colpaccio che gli sporcasse le mani di sangue criminale. Perché con tutto il fango che la gente è costretta a vedere, ormai è solo il sangue che fa veramente notizia. E il sangue arrivò anche a Cuneo: imbrattava tutta l’ordinata casa del riservato dottore dell’Ospedale. Vi erano perfino le strisciate sanguinose del cadavere trascinato dalla porta, dove era stato selvaggiamente colpito, alla camera da pranzo, nel cui pavimento si celava un vero arsenale di armi. Mistero!

Fra i tanti che entrarono ed uscirono quella mattina da quella porta di Via Statuto n.4, Edmondo si aggirava smarrito, ma anche eccitato, al pensiero del pezzo che tutti avrebbero letto, anche a Torino e chissà che non lo chiamassero a La Stampa.  

Fu così che il futuro autore di “Sangue romagnolo”, scrisse “SANGUE CUNEESE”, ma l’articolo non uscì: forse quel sangue faceva troppo notizia!

Ma ormai Edmondo ci aveva preso gusto e poi non sopportava che sotto l’apparenza di un buonismo diffuso in Cuneo ci fossero tante sacche d’ipocrisia. Per esempio le guerre a Cuneo avevano ammazzato tanta gente, brava gente che la “patria” aveva chiamato nelle caserme con la leva obbligatoria e poi li avevano buttati chi in Grecia, chi in Africa ed alla fine in Russia.  La Divisione Cuneense fatta di alpini delle nostre valli già dissanguate dalla guerra 15/18, fu decimata. Eppure trionfa il “reducismo”: vi sono associazioni di tutti gli armati, anche quelli medioevali e sfilate, marcette, bandiere: poca vera memoria e tanta pazienza! Ma sarà vera pazienza? 
Per smascherare l’ipocrisia del reducismo De Amicis s’inventa il prete specializzato nel celebrare le memorie più nere con le canzonette. In verità a Cuneo, città di preti, la realtà supererà la fantasia..

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